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Channel: Terza Intifada – Focus On Israel
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Disputa tra Iran e Arabia Saudita per il controllo di Hamas: una partita molto rischiosa per gli equilibri della regione

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Quel doppio gioco di Hamas, tra Iran e Arabia Saudita che rischia di far esplodre il Medio
Oriente

di Davide Vannucci

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L’offerta, secondo il giornale saudita Asharq al-Awsat, che cita fonti palestinesi, sarebbe arrivata un paio di settimane fa, in preparazione alla fine delle sanzioni che per anni hanno impedito all’Iran di accedere a fondi depositati presso banche estere (non ci sono cifre ufficiali, ma si parla di cento miliardi di dollari): tornate sotto la nostra ala protettiva, vi daremo del denaro, vi sosterremo, ed in cambio voi prenderete le nostre parti nelle disputa con l’Arabia.

Il latore della proposta sarebbe stato il ministro degli Esteri iraniano Javed Zarif, in un incontro con il rappresentante di Hamas a Teheran, Khaled Qaddumi, il quale avrebbe rifiutato. Al di là dell’episodio, però, tutto da verificare, è evidente come il movimento islamista, già in difficoltà nel gestire la Striscia di Gaza e nel far fronte alla “concorrenza” di gruppi ancora più estremisti, come lo Stato Islamico, si trovi invischiato in una disputa, quella tra Iran ed Arabia Saudita, che mette a nudo una delle sue contraddizioni fondamentali.

Hamas, infatti, è un’organizzazione sunnita, ma, almeno fino allo scoppio della primavera araba, è stata sostenuta dall’Iran sciita e dal suo alleato, il presidente siriano Bashar al Assad. La leadership politica del movimento, rappresentata da Khaled Meshaal, è stata ospitata proprio a Damasco, fino all’inizio della guerra civile in Siria. A quel punto, Hamas è stata costretta a scegliere tra il fronte sunnita, che si era rivoltato contro Assad, e quello sciita, da cui l’organizzazione veniva finanziata. Meshaal ha optato per la prima soluzione e ha preso la strada di Doha, accettando la protezione del Qatar (uno dei principali sostenitori della rivolta siriana).

L’anno scorso, poi, l’Arabia Saudita – che, pur essendo sunnita, era stata ostile ad Hamas, così come alle altre espressioni della Fratellanza Islamica – ha deciso di ricucire lo strappo con quel mondo (nel luglio 2015 una delegazione del movimento, guidata da Meshaal e dal suo braccio destro, Musa Abu Marzouk, è andata in visita a Riad). Allo stesso tempo, l’Iran, bisognoso di alleati nella scacchiera geopolitica mediorientale, in un’era di rinnovata contrapposizione con i sauditi, ha cercato di tornare agli antichi rapporti col movimento.

Le tensioni di inizio anno tra le due potenze regionali, avviate dall’esecuzione in Arabia dello sceicco sciita Nimr al Nimr e sfociate nella rottura delle relazioni diplomatiche, hanno messo Hamas in una posizione ancora più difficile. Di fronte alla presunta offerta degli iraniani, Meshaal avrebbe rifiutato, temendo di perdere il sostegno del fronte sunnita (“l’equazione è chiara: come movimento di liberazione, abbiamo bisogno del supporto di tutti, per cui non ci uniremo mai ad un’alleanza contro il mondo sunnita“, ha dichiarato al giornale saudita un funzionario di Hamas che vive nella West Bank).

La posizione di Meshaal, però, non sarebbe condivisa da tutto il movimento: i capi dell’organizzazione a Gaza, infatti, tornerebbero volentieri sotto l’ala protettiva di Teheran, così come l’ala militare di Hamas, le Brigate Ezzedin al Qassam. Del resto, nel coacervo di gruppi fondamentalisti della Striscia ce ne sono altri sostenuti dall’Iran (lo era la Jihad Islamica Palestinese, prima che rompesse con Teheran riguardo alla guerra in Yemen, lo è ancora adesso un’organizzazione Harakat al-Sabireen, che porta simboli molto simili a quelli di Hezbollah e dei pasdaran iraniani).

Il mese scorso Ismail Haniyeh, l’ex premier di Hamas a Gaza, in un videomessaggio ha chiesto l’aiuto di Teheran per sostenere la “terza intifada” (quella che è stata battezzata da più parti “intifada dei coltelli” e che in realtà è nata al di fuori della leadership tradizionali). Meshaal, invece, propende più per i sunniti. Una scelta che potrebbe avere conseguenze anche sul piano interno. L’Anp di Abu Mazen fa parte della coalizione creata da Riad contro lo Stato Islamico e Riad potrebbe lavorare ad un riavvicinamento tra le due grandi fazioni palestinesi, Hamas e al Fatah (e, in prospettiva, a una tregua dell’organizzazione con Israele, il nemico per antonomasia dell’Iran). Chissà se il movimento riuscirà a resistere al corteggiamento di Teheran. Il timore di israeliani e sauditi è che parte dei fondi sbloccati dalla fine delle sanzioni vadano ad accrescere questo pressing.

(Fonte: East Magazine, 19 Gennaio 2016)

Nell’immagine in alto: una vignetta pubblicata dal quotidiano sudita Al-Watan qualche tempo fa, in cui viene mostrato come la revoca delle sanzioni sul nucleare nei confronti dell’Iran abbia consentito agli ayatollah di riprendere a finanziare con più forza il terrorismo islamico


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